A Maputo a metà agosto si è chiuso, con delle prove difficilissime, il
secondo trimestre scolastico; eravamo tutti abbastanza stanchi, i bambini di
alzarsi all’alba per entrare a scuola alle 6 e mezzo, i ragazzi di studiare
tutti i giorni con la paura dell’esame finale sul collo, e gli adulti stanchi
di alzarsi alle 6 mezzo e di correre dietro alle preoccupazioni di tutti i
giorni.
Per fortuna la scuola rimane chiusa per due settimane prima dell’inizio
dell’ultimo trimestre; e così, casa Ndangwini ne ha approfittato per fare un
viaggio. Una vacanza, un’avventura, una scoperta, una storia, una prova. Tutti
insieme, per quattro giorni, mangiare, dormire, giocare, ridere, parlare,
scherzare, litigare, decidere farsi il bagno, vestirsi, lavare i piatti,
colorare festeggiare, tutto tutti insieme.
Abbiamo lasciato il quartiere di Magoanine in ventisei, di mattina
presto e con le facce ancora addormentate, pieni di bagagli, di giochi, di cibo
e di coperte e siamo partiti all’arrembaggio.
Destinazione: Chibututuine, un piccola comunità rurale nella provincia
di Manhiça, a un’ora da Maputo. Obiettivo: divertirsi al massimo, e stare bene,
il più possibile.
Anticipo solo che, al quarto giorno, alcuni bambini ci hanno chiesto di
prolungare la vacanza di altre due settimane.
La “meninada”, i bambini, non hanno mai smesso di saltare e correre e
giocare. Solo per riposare qualche ora alla notte si calmavano ma, anche nel
sonno, c’era chi rotolava da un materasso all’altro, chi parlottava dormendo,
chi russava nell’orecchio del vicino e chi accendeva la luce alle 4 di notte
per cercare le ciabatte.
Chi non si è fermato veramente mai è stato il gruppo cucina, che con
eroico entusiasmo e infinita energia ha acceso fuochi, bollito pentoloni di
thè, sbucciato chili di patate, tagliuzzato montagne di verdura e spolpato
decine di polli, senza sosta, di mattina di giorno e di sera. Una vera forza e
anche del vero ingegno per riuscire a soddisfare tutte le pancine brontolanti.
L’ultimo giorno le cuoche si sono addirittura inventate un forno a legna per
cucinare una torta!
Il posto in cui siamo stati ospitati era molto accogliente, per dormire
ci siamo raggruppati in tre stanze, due dei maschi e una delle femmine, e tra
materassi condivisi e stuoie ci siamo entrati tutti, adulti e piccini. Poi c’erano
dei begli spazi all’aperto per giocare, una tettoia di paglia sotto cui
mangiare e giocare di giorno, un campo grande di sabbia per scorrazzare a
volontà, un orto, due papere, cinque galline, e una sala al chiuso per cenare e
giocare di sera.
Abbiamo cercato di approfittare di tutto al massimo, appena si poteva
si giocava. Anche mentre facevamo la passeggiata nei campi verso casa di tio
Toninho, che da un bastone e un buchetto per terra nasceva una storia e un
inseguimento; anche mentre si aspettava da mangiare sotto la tettoia, che i
bambini cominciavano a dipingersi la faccia di ogni colore.
Abbiamo fatto una vera caccia al tesoro con tanto di indizi, tappe,
mappa e con un vero tesoro nascosto sotto la sabbia (in una buca scavata
abilmente nella notte da Stefano e Ivete). Pure una caccia alle stelle abbiamo
fatto, di notte e al chiaro di luna piena, abbiamo trovato un sacco di stelle
che erano cadute, le abbiamo gettate in un fuoco esprimendo i nostri desideri e
poi, accoccolati sulle stuoie intorno al fuoco e sotto alla luna, ci siamo
raccontati un sacco di storie.
Per l’ultima sera abbiamo preparato una gran festa, tutti, ma proprio
tutti, si sono impegnati durante il pomeriggio per organizzare la festa dei
compleanni: chi grigliava polli e chi dolci, chi sceglieva la musica e chi
tagliuzzava addobbi e decorazioni per la sala, chi dipingeva inviti e chi
preparava il bar. E alla sera c’era una tavola imbandita di prelibatezze in una
sala piena di festoni disegni e palloncini, i bambini esaltati e i dj’s che
discutevano su quale musica mettere, il bar “da Reginaldo e Zulfa”, gestito
appunto da due ragazzi, sempre pieno di nanetti in fila per rifornirsi di pop
corn, bibite e caramelle. Tra danze, giochi e sfide abbiamo fatto la mezzanotte,
e poi finalmente, ancora saltellanti e coi pop corn in mano, siamo riusciti a
mandarli a letto.
Il giorno del ritorno nessuno voleva tornare, all’ora della partenza
nessuno voleva partire, ma poi lo chapa è arrivato e la musica di Mr Bow che usciva
dai finestrini ha convinto i bambini a saltare a bordo, e danzanti sui sedili,
abbiamo fatto rientro a Maputo.
Non so i bimbi, ma io, per i tre gironi successivi, non ho mai smesso
di sorridere.
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